
una curiosità: a cosa è dovuto il tuo nickname Revolution Breeze?
-sorridendo- è il risultato di un test sciocco, fatto tra amici, che mi che mi è rimasto addosso perché in me alberga uno spirito anticonformista, probabilmente legato alle mie esperienze di vita.
hai sempre vissuto a Roma?
no, sono nata al sud e da bambina ho passato lunghi periodi a Roma avendo la fortuna di conoscere il suo centro storico, poi ho vissuto 15 anni nel nord della California: anni formativi che mi hanno portata dall’adolescenza all’età adulta. Quando sono tornata in Italia avrei potuto scegliere di vivere in qualsiasi altro posto e invece ho scelto Roma perché la sua ecletticità in parte si riflette in me.
come hai conosciuto Retake?
nel quartiere di Roma, di recente costruzione, dove attualmente vivo, manca il supporto del servizio giardini, quindi nel 2014, noi residenti, ci siamo organizzati e abbiamo creato un’iniziativa locale per creare concretamente una consapevolezza territoriale, prendendoci cura degli spazi che ci circondano. È stato durante quell’evento, scambiandoci idee ed esperienze, che ho sentito parlare della filosofia Retake e mi ha subito incuriosito perché, a mio avviso, la questione della presenza dei rifiuti e dell’incuria nei quartieri romani, non è solo ambientale ma soprattutto culturale: Roma è sporca perché viene sporcata, il nemico da combattere è l’indifferenza. A seguire, abbiamo organizzato diversi interventi di riqualificazione nel nostro quartiere, molti dei quali non resi noti perché non godevamo dell’appoggio Ama. Poi, nel 2018, ho partecipato alla prima convention di Retake Italia dove ho conosciuto molte personalità interessanti, unite dagli stessi ideali.

com’è entrato Retake nella tua vita?
ho subito riconosciuto un’affinità elettiva tra i valori Retake e il mio vissuto. Gli anni trascorsi a San Francisco sono stati, per me, anni di crescita civica e di sensibilizzazione all’ecologismo. Lì, il concetto di raccolta differenziata, volontariato, riciclo & riuso, sono una realtà quotidiana da decenni. Il movimento di cittadini volontari Retake, mi ha immediatamente colpita perché è apartitico e questo si sposa bene con la mia idea di collettività, inoltre, è un movimento pratico e non teorico. Mi emoziona sempre la capacità che Retake ha nel formare una nuova consapevolezza civica ridando a Roma e molte altre città d’Italia una rinnovata dignità, semplicemente uscendo dal meccanismo di delega. Retake non si vuole sostituire alle istituzioni ma creare con esse un dialogo al fine di una sinergia capillare e questo si allinea perfettamente con la mia etica morale, per di più, concettualmente mi sembra la strada giusta da percorrere per il futuro delle poleis.
come descriveresti la tua esperienza Retake, a chi non la conosce?
a differenza dei miei ‘colleghi’ retaker, non agisco tanto per amore della città di Roma, quanto per il beneficio che il mio tempo e lavoro possono apportare alla comunità. Quando avevo 10 anni, la mia famiglia ed io, abbiamo vissuto per un periodo a Haifa in un Kibbutz. I miei occhi di bambina strabuzzavano quando notavo che lì non esisteva denaro. In quella comunità, ognuno faceva il suo lavoro con il sorriso, e a beneficio dell’altro, e nessuno aveva un bisogno reale per qualcos’altro perché vigeva una piena sinergia. Il disagio che noi viviamo quotidianamente nelle nostre città è condiviso da tutti noi. Il senso di appartenenza che Retake è in grado di creare nella comunità, fa eco e mi ricorda di quel tempo passato nel Kibbutz e mi fa vedere la città e la società con occhi nuovi. In aggiunta, ho una propensione naturale per lo SpeakUp perché mi piacciono le persone, si impara tanto dal vissuto degli altri, quindi quando mi trovo in momenti di attesa nel sociale: dal medico o mentre aspetto il bus o faccio la spesa, chiacchiero amabilmente con sconosciuti sulla facilità di reperire e portarsi dietro: sporte per la spesa in tessuto riutilizzabili o porta mozziconi lavabili e ignifughi per non disperdere cicche di sigaretta nell’ambiente e via dicendo, persuadendoli ad un comportamento civico migliore evitando di usare parole giudicanti e con una buona componente di umorismo, o perlomeno ci provo nello spirito della “rivoluzione gentile”.
questa tua socievolezza ti ha portato ad uscire dal tuo quartiere?
sì, con immenso piacere! Con il gruppo Retake Portuense, ho preso parte al ripristino di un parco, fino a quel momento impraticabile e riconsegnato dopo il nostro intervento alla collettività. Lì, oltre a ripristinare varie aree, ho anche contribuito a colorare un murale autorizzato nell’area cani. Poi con immensa allegria ho condiviso un evento Retake sulla spiaggia di Ostia: c’era tanta vitalità e anche se era maggio, e non era previsto, mi sono fatta il bagno! Valicando i limiti del mio quartiere, ho conosciuto tanti altri retaker ed è lì che ho sviluppato la consapevolezza che noi siamo una comunità di cittadinanza attiva e questo mi rende molto orgogliosa del nostro operato. Non contenta, un’estate, mi trovavo a Bari, ho letto di un evento di riqualificazione in loco, e mi sono proposta. Ho guidato per 20 km per raggiungerli e quell’evento mi ha lasciato un profondo senso di appartenenza. Credo di aver fatto la prima trasferta intercittadina di Retake, a Mola. LOL. Quello che mi piace degli eventi di riqualificazione urbana Retake, è come ognuno di noi porta il suo vissuto e contribuisce a creare e rafforzare un modello di partecipazione concreta. Non servono grandi abilità bensì forza di volontà e ottimismo. Così, insieme, si apprendono anche competenze trasversali e non mancano occasioni per avvicinare tante altre sfaccettature della quotidianità. Recentemente, ho partecipato all’evento di Ponte Tazio con il supporto dei NAD e di AMA. Dal mio punto di vista, condividere i nostri eventi Retake ha solo un effetto positivo sia sulla nostra coesione umana che sulla comunità.

fai anche parte degli Ambasciatori di Retake?
sono un Admin di zona, ma la mia vera passione risiede in Retake Scuole perché riuscire a donare un senso di appartenenza, nuova consapevolezza e nuovi occhi ai giovani, ormai così assuefatti al degrado, non ha prezzo. Inizialmente, abbiamo presentato Retake al Liceo scientifico Louis Pasteur, in zona Trionfale e successivamente sono seguite presentazioni in coppia al liceo linguistico De Sanctis, a Collina Fleming, perché il gruppo Retake di quartiere era inattivo, poi avevo iniziato a programmare presentazioni e interventi di riqualificazione con i 3 licei che fanno parte del Liceo Farnesina, sempre a Collina Fleming, ma è subentrato l’allarme Covid a dare una battuta di arresto. Durante gli ultimi 6 mesi, ho offerto la mia disponibilità per il progetto di PCTO ex alternanza scuola lavoro, presso il liceo G. B. Morgagni a Monteverde. È un lavoro sfidante inasprito dall’emergenza sanitaria. D’altra parte, per me, Retake è anche questo: riuscire a spogliarci della negatività dalla quale siamo talvolta circondati e mettere a frutto la parte migliore di noi per trasmettere elementi di cambiamento. Adesso, mi aspettano i ragazzi del Liceo francese Chateaubriand nel cuore di Villa Borghese.
hai anche preso parte al percorso formativo alla John Cabot University?
sì, siamo intervenuti con il Tiber Campus nella riqualificazione dei vicoli di Trastevere, luogo icona di Roma, ed è stata un’iniziativa emozionante di rinascita e di adozione dove hanno partecipato moltissimi ragazzi di varie nazionalità per ridare al quartiere il fascino che da sempre lo contraddistingue, specialmente nel ripristinare i portoni devastati dalle tag o dagli stickers. Attraverso questo tipo di partecipazione riscopro me stessa: ho un’identità mista e all’interno di Retake ritrovo parti di me.

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