Marina, sei stata sempre vicina a Retake visto che tuo marito Raffaele è tra gli Admin più impegnati e brillanti, eppure per diverso tempo ci hai sostenuto unicamente dietro le quinte: quando e perché ti sei risolta ad agire in prima persona?

“Nel 2016, quando Raffaele ha iniziato l’avventura di Retake, io ero ancora al lavoro (lui mi ha preceduto nell’andata in pensione) e, da brava stakanovista, ero molto impegnata anche perché le nuove tecnologie (email e cellulari in primis) fanno sì che, di fatto, non si stacchi praticamente mai. Poi, nel 2018, sono andata in pensione: l’uscita dall’Istat per me non è stata un passaggio traumatico perché gli ultimi anni di lavoro non sono stati molto gratificanti e ho lasciato l’attività lavorativa molto serenamente e convinta di volermi finalmente dedicare a tutto quello che ero stata costretta a trascurare. A fianco di Raffaele era naturale avvicinarmi a Retake ma devo dire con poca convinzione perché le sole azioni di pulizia mi sembravano insufficienti: si faceva un evento, le persone ci dicevano bravi ma il giorno dopo si erano già dimenticati di noi oppure ci vedevano come brave persone volenterose che sostituivano l’Ama.”

che cosa è scattato dentro di Te?

“In particolare durante la pandemia, Raffaele e io vedevamo aumentare vertiginosamente nella nostra zona (Monti – Colle Oppio) le persone fragili, emarginate, senza tetto… E’ stata una constatazione penosa e quindi ci siamo interrogati su come si potessero coniugare le azioni di rigenerazione urbana con una attività di rigenerazione sociale. Questo è un messaggio che esiste in nuce dentro Retake, è a mio avviso la sua anima più profonda, e per noi era diventato urgente farlo esplodere. Personalmente a me è sempre piaciuto molto lavorare con le persone: l’ho fatto per anni nella comunicazione e formazione del personale, negli ultimi dieci anni con azioni di promozione della cultura statistica rivolte a studenti di ogni età e ad altre categorie professionali, e per questo non mi è stato difficile mettere a disposizione la mia esperienza e la mia propensione caratteriale. Eppure ci siamo imbarcati in un progetto molto pesante sotto il profilo della responsabilità”

che intendi dire?

“i nostri contatti ravvicinati con persone traumatizzate ed emarginate ci hanno aperto a storie soffertissime che sentivamo pesare sulle nostre spalle, abbiamo passato diverse notti in bianco, non potevamo rimanere indifferenti e avevamo il desiderio di riuscire a fare qualcosa di concreto per loro…”

eppure, ogni qualvolta vi si incontra a contatto con loro, si coglie una luce speciale nei vostri occhi…

“in effetti è la stessa che si può cogliere nei loro occhi da quando ci siamo incontrati. Noi abbiamo certamente donato ma io posso dire di aver ricevuto moltissimo! Io compirò 68 anni a gennaio ma sento molta energia dentro di me, potrei azzardarmi a dire anche saggezza, sono in armonia con il mio essere intimo. Quello che è accaduto è che ci siamo aperti verso queste persone con amicizia e loro lo hanno colto e molto apprezzato”

siete diventati un porto sicuro..

“credo proprio di sì, ci hanno trovato pronti ad accoglierli una volta a settimana per nove mesi e quello che più mi scalda il cuore è che la formazione loro rivolta potrebbe aprire le porte di una integrazione lavorativa per alcuni.”

questo è un progetto articolato e complesso, non vi siete avviati casualmente, avete preventivamente stretto dei patti di collaborazione per rendere incisivo il vostro intervento

“Retake è di fatto il capofila di altre realtà coinvolte a vario titolo: abbiamo siglato un protocollo d’intesa con il Primo Municipio, la Parrocchia Santi Silvestro e  Martino ai Monti, l’Associazione SO.R.TE, la Caritas; nel prosieguo si sono avvicinate a noi, grazie alla presenza costante sul territorio tutti i mercoledì per nove mesi, altre realtà associative locali, come la Compagnia degli ultimi, impegnata nell’assistenza dei senza tetto, la scuola di formazione Maspro Consulting e l’associazione il Tulipano Bianco, partner cruciali per il nostro progetto, che hanno consentito di andare oltre la fase di accoglienza in un gruppo attivando percorsi di formazione professionale che auspichiamo possano aprire opportunità di inserimento lavorativo. Potrei dire che si è creata una situazione di serendipità: mentre cercavamo di offrire calore umano alle persone fragili abbiamo trovato la possibilità di restituire loro dignità personale, accrescerne le competenze e, spero, occasioni di lavoro.”

nell’avviarvi avevate chiari tutti gli obiettivi che avreste voluto raggiungere, formazione compresa?

“Gli obiettivi c’erano ma l’attivazione del progetto era una scommessa, a cominciare proprio dalle persone alle quali intendevamo rivolgerci. Ebbene, molti di loro per i primi cinque mesi hanno partecipato alle attività di cura del Parco del Colle Oppio e delle strade circostanti  senza prendere neanche un euro perché noi offrivamo solo una merendina a fine mattinata. Eppure era fortissimo in loro il bisogno e il desiderio di contatto umano, di sentirsi accolti e parte di una comunità. Presumo che in tanti si siano avvicinati in cerca di lavoro e sostentamento e poi si sono nutriti di cose immateriali come la solidarietà e il calore del gruppo.”

hanno avuto un’accoglienza molto calda e un approccio collettivo che ha sempre tenuto conto della loro identità personale, anime e non numeri, individui in carne ossa e cuore, non esseri da gestire per togliersi di impaccio

“nel contatto con ognuno di loro io ho agito spesso guidata dal mio istinto e dal mio temperamento che è sempre stato spiccatamente empatico. Un po’ mi ha aiutato anche lo studio della psicologia fatto all’università. A rafforzare inoltre la mia inclinazione all’apertura e all’accoglienza c’è sempre in me la ferma consapevolezza di appartenere a una schiera di privilegiati e che è solo un caso se io non mi trovo tra i diseredati perché il destino mi ha collocato dall’altra parte. Tanti altri retaker hanno sposato il progetto e si sono messi in gioco con molto entusiasmo e disponibilità, penso a Rossella Verdosci, Gianni Rinaldi, Giuseppe Romiti e al vulcanico Christophe, tutte persone che ci hanno molto creduto e non si sono risparmiate”

torniamo alle opportunità formative che sono state offerte ai “ragazzi”, tra i quali in effetti ci sono diversi ultracinquantenni

“è stato possibile erogare un corso di formazione professionale con il finanziamento della Comunità europea attraverso il fondo FAMI per gli immigrati e con il patrocinio della Regione Lazio e dei Ministeri del Lavoro e dell’Interno”

la vostra scommessa sembra proprio vinta!

“beh, in buona parte direi di sì, certamente sotto il profilo della reciproca relazione umana”

mi colpisce ancora una volta come l’approccio di Retake non sia supponente ed  egocentrico, siamo sempre pronti e inclini a operare con tutti i soggetti che vengono in contatto con noi

“secondo me abbiamo ormai una autorevolezza riconosciuta anche e proprio per questo: non vogliamo piantare bandierine ma lavoriamo insieme, tra noi e con altre associazioni, ritrovandoci sui fatti. Verso gli altri attori coinvolti c’è stata da parte nostra assoluta apertura, abbiamo lavorato con la dimensione laica e cattolica, costruendo un bellissimo rapporto con la vicina Parrocchia e con le suore del Convento di piazza San Martino ai Monti. Insomma, dal progetto è nata una vera e propria comunità.”

come hanno reagito i residenti?

“superata una resistenza iniziale alcuni si sono uniti a noi convintamente e, anzi, alcuni di loro vogliono proseguire anche adesso che il progetto si è concluso perché il 15 settembre l’attività di Retake solidale si è spostata a San Lorenzo (anche se per i “ragazzi” del Colle Oppio prosegue fino a novembre il corso di formazione per manutentori del verde di cui parlavo prima). Pertanto abbiamo continuato a lavorare sul territorio perché è importante che così tanta energia non vada dispersa. Ci occupiamo, alternandoci da zona a zona, di Colle Oppio e strade circostanti, spostandoci di volta in volta dove c’è più da fare”

di fatto i vostri sforzi hanno determinato un format oramai replicabile

“Giuseppe Romiti ha raccolto il testimone e riattivato questo medesimo approccio a San Lorenzo, non possiamo che esserne felici.”

quei lunghi 9 mesi vi hanno impegnato in maniera eccezionale!

“è stata una grandissima fatica, soprattutto emotiva, e per fortuna ci siamo trovati a gestirla in due! Ci siamo molto supportati l’uno con l’altro…”

hai spesso detto che tu sei stata fulminata sulla via di Damasco…

“e lo ribadisco: quello che è accaduto a me è che ho potuto esprimere quello che più mi sostanzia e mi porta ad attivarmi nel contatto con le persone, che per  me è centrale. Per questa ragione mi sono pienamente ritrovata nel Retake solidale. Dentro Retake in effetti accade proprio questo, ognuno può agire secondo le sue attitudini”

tra i vostri sforzi costruttivi c’è stato anche quello di offrire ai ragazzi un corso di italiano

“con Rossella Verdosci, in particolare, abbiamo offerto i primi rudimenti per consentire ai nostri amici sia di partecipare meglio al corso di formazione sia di avere più opportunità di una prospettiva lavorativa perché molti di loro non sapevano esprimere neanche concetti semplici e basilari. Il contatto con noi ogni settimana li ha aiutati anche in questo”

Marina, puoi dirti soddisfatta?

“il lavoro da fare, sia con il rinnovato gruppo di residenti a Monti e Colle Oppio sia con il rilancio del progetto solidale a San Lorenzo, è davvero tantissimo ma posso dirmi molto soddisfatta perché, come ricordavo prima, ritengo che questa esperienza mi abbia intimamente arricchita”